Ai nostri giorni sentire parlare di exchange year, o anno all’estero non è più una novità. Per i nostri nonni o addirittura alcuni genitori, fare un’esperienza del genere sarebbe stato impensabile, ma ora è quasi la normalità conoscere qualcuno che l’abbia fatta o addirittura averla fatta in prima persona. Uno studio condotto da Wep (organizzazione internazionale specializzata nella promozione degli scambi culturali, educativi e linguistici nel mondo) ha dimostrato che sul podio delle mete scelte dagli studenti italiani si trovano Canada (35%), Stati Uniti (33%) e poi con una discesa “drastica” la medaglia di bronzo va all’Irlanda con l‘8%. Tuttavia il centro-europa, anche se spesso sottovalutato ha degli enormi benefici e alcuni studenti preferiscono rimanere nel “vecchio continente” e preferire città che profumano di storia e cultura.
Alcuni exchange students (così vengono detti gli studenti che scelgono di svolgere un anno scolastico, spesso il quarto della scuola secondaria di secondo grado, in un paese estero) hanno raccontato la loro esperienza e oggi abbiamo scelto di raccontarvene una descritta da una studentessa che ora passerà dieci mesi in Germania.
Sono partita il 13 agosto per questo viaggio pieno di sorprese. Dopo cinque giorni passati insieme ad altri exchange students della stessa agenzia per adattarsi e venire a conoscenza delle regole che questa esperienza prevede, ho finalmente incontrato la famiglia in cui avrei dovuto vivere fino al termine del soggiorno. L’anno all’estero è prima di tutto un programma scolastico, per cui naturalmente tutti gli studenti che partecipano devono frequentare la scuola del paese ospitante. Io vivo nell‘estremo nord della Germania in un piccolo paesino chiamato Wahlstedt. Il paese in cui vado a scuola è invece Bad Segeberg. Lì frequento un Gymnasium (che è equivalente al nostro liceo italiano) e sono previsti corsi per ogni materia.
Ovviamente non è stato semplice per me lasciare tutto quello che avevo per partire per un posto nuovo e iniziare a condividere la mia quotidianità con sconosciuti per dieci lunghi mesi. Grazie però al calore della famiglia in cui mi trovo e, possiamo dire anche all’entusiasmo che mi accompagna durante questa esperienza, mi sono adattata molto bene e vivo ora con molta serenità la mia routine.
La mia quotidianità non è molto diversa da quella di qualunque altro studente in Italia: la scuola è una delle mie occupazioni principali dato che la frequenza è spesso anche pomeridiana. Terminato l’impegno scolastico, è lo sport ciò che mi occupa più tempo: pallavolo e tennis. La mia famiglia ospitante è molto unita: alla sera si cena insieme e spesso mi capita anche di cucinare con i genitori; dopo cena c’è spesso l’occasione per un film o un gioco di società. I fine settimana sono poi riservati a feste, viaggi e momenti di incontro con le mie nuove amicizie.
Sento che a volte questi primi mesi lontani da casa e dalle persone a me care si sono rivelati intensi sul piano emotivo: le mie emozioni sono come il profilo di una catena montuosa: spesso sono molto contenta e mi piace quello che faccio e ciò che mi sono costruita. All’inizio però ovviamente la salita è stata faticosa: iniziare una scuola completamente nuova e trovarsi nuovi amici da zero, dover vivere 24 ore con delle persone con cui non si ha mai avuto a che fare fino ad ora, parlare e ascoltare tutto il giorno una lingua che non è la propria sono tutte condizioni che mettono a dura prova la propria serenità.
Nonostante tutte queste sfide però, una volta arrivati in cima si può vedere ciò che si ha superato ed essere contenti e orgogliosi di sé stessi. È un’esperienza che porta molto alla maturazione della persona e aiuta a crescere. Non solo a livello di indipendenza e capacità di adattamento, ma anche a livello caratteriale e aiuta a scoprire e riscoprire le proprie potenzialità, i propri pregi ma anche le debolezze che magari non si pensava di avere.
Come tra le montagne possono esserci valichi o depressioni, anche in questa esperienza ci sono momenti in cui la mancanza di casa e degli amici è molto forte e si fa fatica ad andare avanti e continuare a sorridere, ma poi, con una salita, si ritorna in cima alla prossima montagna e si è di nuovo felici come prima.
In questi mesi, ho già imparato tanto e mi sono riscoperta, ho trovato persone che mi vogliono bene e nuovi amici che mi fanno passare momenti spensierati. Per rispondere quindi alla domanda provocante del titolo, direi che sì, la nostalgia a volte vince l’entusiasmo ed è anche giusto che sia così, ma se si guarda l’esperienza per intero è il contrario a prevalere ed è l’entusiasmo ad avere la meglio sulla nostalgia.
Agnese