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Racconti di esperienze all'estero

Dopo l'articolo di Agnese, proponiamo di seguito altri due racconti di studenti del Liceo San Gregorio Magno riguardo alla loro esperienza all'estero, svolta nell'anno scolastico 2023/24.


La mia esperienza all'estero - Nicolò


L’arrivo

La mia esperienza all’estero è iniziata il 28 Gennaio quando, partito da Reggio Emilia in auto, sono arrivato a Verneuil sur-seine presso il campus della NDIHS (Notre Dame International High School), a 15 km a ovest di Parigi. Arrivai di sera tarda e fui subito accompagnato alla mia stanza nei dormitori del campus. Nonostante la ridotta dimensione della mia stanza, i bagni in comune e la poca libertà che ci è concessa qua nei dormitori non mi fu difficile ambientarmi e in pochi giorni avevo già preso confidenza con tutte le modalità di vita del luogo.

 

La scuola

La mia esperienza scolastica è iniziata Lunedì 29 Gennaio; avendo già cambiato scuola in passato non mi risultò difficile ambientarmi nella classe e coi professori. Le maggiori difficoltà scolastiche che ho riscontrato sono state quelle riguardanti la lingua e sia il metodo di studio che quello di insegnamento dei professori. Il problema della lingua è stato dovuto al fatto che i professori (tutti madrelingua inglesi con origini statunitense, fatta eccezione per i professori di Francese, disegno e educazione fisica) in classe parlano un inglese molto specifico e settoriale che all’inizio della mia esperienza non capivo pienamente. Tuttavia, col tempo sentendoli parlare tutti i giorni ho iniziato a capire bene quello che dicevano e ora non ho più alcun tipo di dubbi quando parlano, salvo per la professoressa di chimica che risulta ancora difficile da capire per tutta la classe quando parla. Per quanto riguarda il metodo di insegnamento dei professori è completamente diverso da quello italiano poiché non abbiamo libri cartacei su cui studiare e nessuno prende appunti, i professori non sempre spiegano e quando lo fanno spiegano in modo superficiale talvolta ignorando anche le domande. Lo studio, dunque, è per la maggior parte autonomo su file che i professori caricano sul registro oppure guardando video o informandosi su internet visto che l’apprendimento in classe risulta alquanto vano sia a causa della lingua (che anche pur capendola rimane a volte un ostacolo) sia a causa del fatto del modo che hanno i professori di insegnare. I professori inoltre sono spesso esuberanti non astenendosi dall’esprimere opinioni puramente personali su tematiche delicate e soggettive presentandole come verità assoluta quasi come se fossero parte del programma scolastico. La scuola qui inoltre differisce da quella italiana anche per quanto riguarda le materie alcune delle quali totalmente assenti nel programma scolastico che svolgevo in Italia come, ad esempio, francese e US governament (una sorta di diritto avanzato degli stati uniti). Anche le materie che già mi erano familiari dal mio percorso scolastico italiano qui sono trattate in modo totalmente diverso seguendo un programma che a seconda della materia differisce di più o di meno da quello italiano. Infine, un tratto che io ritengo essere molto positivo della scuola qui è il fatto che la maggior parte delle lezioni si svolga sui computer permettendo agli studenti l’apprendimento e il miglioramento delle capacità digitali nell’uso di programmi e l’abituarsi allo studio da apparecchi elettronici in vista dell’università e poi in seguito del mondo del lavoro.


I ragazzi

Appena arrivato nella scuola mi accorsi quasi subito che i ragazzi erano molto diversi da quelli a cui ero abituato in Italia. Ciò per me non fu inaspettato visto che in un contesto internazionale i ragazzi sono spesso diversi da quelli del proprio paese d’origine, dunque, nonostante le diversità, ho trovato un gruppo di amici con cui mi è possibile divertirmi. Il mio gruppo di amici è composto da due ragazzi, uno sardo e uno ucraino, e da due ragazze, una messicana e una slovacca. Inoltre, essendo la scuola internazionale piccola con un ristretto numero di alunni (all’incirca 50) tutti ci conoscono e siamo con chi più e con chi meno amici. Il fatto che i ragazzi, compresi quelli del mio gruppo, siano alquanto diversi sia tra di loro che nei miei confronti impone anche il fatto di dover imparare a interagire con personalità completamente insolite e con mentalità estranee alla propria, spesso per arrivare a una decisione comune, calibrata e che sia la migliore per ognuno. Da quando sono qui ho notato che tra i ragazzi c’è un forte senso di condivisione anche con le persone che non sono necessariamente amici stretti. Spesso mi è capitato di vedere ragazzi comprare cibo solamente per condividerlo. Qui, dunque, è come se vigesse una mentalità basata sull’altruismo dove se offri non ti verrà negato quello che chiederai. Naturalmente questo “do ut des” non è da considerarsi nemmeno come una sorta di legge non scritta ma più come un atteggiamento che spesso risulta conveniente.  Infine, bisogna riconoscere che questa diversità culturale e di personalità stimola vivamente la capacità di adattamento e di compromesso.

 

I luoghi e la qualità di vita

Riguardo questo argomento parlerò per quella che è la mia esperienza, ovvero secondo il punto di vista di un ragazzo che è in dormitorio 7 giorni a settimana. Tutto il campus della scuola si trova in un piccolo paesino sulla Senna chiamato Verneuil sur-seine a 15 chilometri a ovest di Parigi dove c’è poco da fare e da vedere. Siamo autorizzati a uscire in questo paesino solamente nella pausa che abbiamo per l’ora di pranzo, dalle 12.25 alle 13.30 e in quella che abbiamo finite le lezioni quotidiane, dalle 16.25 alle 17.15. Come ho già detto non vi è molto da fare dunque ci limitiamo a stare davanti ad un supermercato o su dei gradini a semplicemente parlare. Essendo la scuola molto grande (la scuola francese conta più di 3000 studenti) e il paesino molto piccolo durante queste pause tutte le strade si riempiono di ragazzi seduti per strada.  La mensa scolastica è di una qualità alquanto bassa e perciò io e il mio gruppo di amici andiamo quasi ogni giorno a pranzo in un fast food o ci prendiamo dei panini al café della scuola. Tuttavia, per i ragazzi nei dormitori la cena avviene sempre in mensa. Le camere dei dormitori sono molto piccole e nonostante il mio impegno nel tenerla più pulita e in ordine possibile si sporca molto velocemente poiché non c’è un servizio di

pulizia nelle camere. Un altro aspetto non esattamente positivo è il meteo essendo stato qui piovoso e nuvoloso per quasi tutti i giorni fino a circa una settimana fa.  Tutti questi aspetti negativi, tuttavia, scompaiono nel momento in cui andiamo a Parigi. Andiamo a Parigi settimanalmente, il Sabato dalle 11 circa fino alle 19.  L’andare a Parigi provoca un senso di leggerezza e di spensieratezza, in particolare se è una bella giornata. Personalmente a me Parigi piace moltissimo sia per le persone sia per i luoghi che per le esperienze che si possono fare. La città è ricca di angoli pittoreschi, di vie e di luoghi suggestivi. Occasionalmente possiamo anche stare a Parigi per tutto il fine settimana, con l’autorizzazione dei nostri genitori per vivere la vita notturna parigina e per avere la possibilità di goderci la città per più di qualche ora come solitamente avviene il sabato.

 

Conclusione

La mia personale e più significativa opinione sull’esperienza che sto vivendo adesso è che questa assomigli molto a un loop dove ogni giorno è pressoché uguale salvo i giorni in cui andiamo a Parigi. Inoltre, è innegabile che se si hanno degli affetti solidi e delle buone amicizie nel proprio paese d’origine la mancanza di questi si fa sentire; ovviamente ciò è totalmente soggettivo, io personalmente sento fortemente la mancanza dei miei affetti in patria ma ciò non avviene a livello destabilizzante o traumatico. È la mancanza di stimoli che la totale monotonia quotidiana, fortemente aggravata dal fatto di essere nei dormitori, causa il peso maggiore che mi sono ritrovato a dover portare. Questo peso non può essere alleggerito neanche dall’affetto dei miei cari e dei miei amici essendo questi lontani e men che meno dagli amici che mi sono fatto qua essendo questi più che amici veri solamente amici temporanei che so già che molto raramente rivedrò e che, come unico scopo, hanno quello di fungere da passatempo qua e di soddisfare quel bisogno di socialità che abbiamo.  Detto ciò, io non mi pento assolutamente della scelta che ho fatto per vari motivi. Questa esperienza, otre che permettermi di visitare spesso Parigi, è un investimento in me stesso per costringermi a sviluppare al massimo la mia indipendenza, la mia forza di volontà e la mia capacità di adattamento. È normale che una drastica uscita dalla propria zona di comfort lontano da tutti i propri affetti possa essere difficile ma è proprio in questa difficoltà che si può trovare il motivo della mia scelta che presi circa un anno prima di partire. Questa esperienza inoltre offre numerosi benefici curricolari come, ad esempio, il forzato miglioramento del proprio livello di inglese e di francese e altri vantaggi extra curricolari utili più alla persona come, ad esempio, imparare a usare bene il computer e imparare a destreggiarsi senza problemi in una grande metropoli come Parigi. In conclusione, questa è un’esperienza che consiglio vivamente poiché ho sempre pensato che l’unico modo per rafforzarsi caratterialmente e per migliorare le proprie competenze sia quello di mettersi alla prova senza avere paura del peso da sopportare ma sopportandolo motivati da un miglioramento di sé stessi.


Una studentessa italiana in una città irlandese - Sabina

 

Vivere all’estero, anche se per un breve periodo, significa avere due vite: la prima quella che ci si sta costruendo e la seconda quella che si ha lasciato nella propria città. 

 

Il mio semestre all’estero è iniziato il 6 Gennaio 2024, con la partenza dall’aeroporto di Milano Malpensa, destinazione Dublino. È stato un giorno ricco di emozioni contrastanti: da un lato ero molto entusiasta ed impaziente di scoprire cosa mi avrebbe regalato questa nuova città e questa “nuova vita”, dall’altro lato, il mio cuore custodiva l’ansia e la consapevolezza che erano gli ultimi attimi che avrei trascorso con la mia famiglia prima di partire per sei lunghi mesi. 

 

Dublino mi ha accolta con i suoi edifici storici, con le sue vie colme di giovani e artisti di strada che accompagnano con la loro musica le passeggiate tra i grandi parchi, i negozi e i monumenti. 

Questa città irlandese mi ha trasmesso un senso profondo di libertà. Ho avuto tanto tempo da dedicare a me stessa; spesso, dopo lo studio, avevo il tempo di riposarmi nei grandi parchi curati, verdi, con piccoli scoiattoli e aiuole con tanti fiori colorati e soprattutto pieni di giovani come me che studiano o si rilassano. 

Qui a Dublino ho frequentato il Rosary College. Il primo giorno di scuola ero un po’ in ansia, non conoscendo nessuno, ma appena arrivata ho ricevuto un caloroso benvenuto sia dai professori che da altre exchange students di diverse nazionalità.  

In Irlanda il sistema scolastico è abbastanza diverso rispetto a quello italiano; infatti, non sono previste le interrogazioni e le verifiche quotidiane, ma gli studenti devono sostenere quattro esami all’anno su tutto il programma svolto fin a quel momento per ogni materia e qualche test in preparazione durante il corso del mese.  

La maggior parte delle scuole ha la propria divisa, obbligatoria da indossare; la mia è composta da una camicia bianca, un maglione blu con lo stemma dell’istituto, una gonna blu a quadri verdi e calzettoni blu. Ho provato, nell’indossare la divisa, un senso di unità e di appartenenza ad una comunità. 

Durante questo anno scolastico ho avuto il piacere di partecipare, con entusiasmo, alle diverse attività innovative proposte dalla scuola tra cui: la giornata dello sport, della cultura, gite in biciclette, escursioni in montagna e visite a nuove città. 

Ho avuto anche l’opportunità di visitare, con le mie amiche, altre località, tra cui Belfast e Galway, di camminare sulle maestose scogliere, le “Cliff of Moher”, di apprezzare la tranquillità del piccolo paese di Bray e di effettuare escursioni in tanti altri splendidi paesi, caratterizzati da una rigogliosa natura, con cascate, montagne e laghi. 

Particolarmente entusiasmante e piacevole è stato l’aver vissuto il Saint Patrick Day, ovvero la festa religiosa e culturale che si svolge il 17 Marzo in onore di San Patrizio, il patrono d’Irlanda. La città di Dublino, durante questo periodo, è tutta decorata di verde e ricca di addobbi lungo le strade del centro storico e le vie dei vari quartieri abitati, i monumenti, la sera, vengono illuminati da una luce verde e tutta la popolazione è vestita a tema: ho incontrato anche ragazzi travesti da birra gigante. 

Il 17 Marzo si è svolta una grande parata che ha percorso tutta la città, con carri, sfilate, bande musicali ed artisti provenienti da tutto il mondo. 

Ho assistito allo spettacolo con le mie compagne di scuola: eravamo tutte truccate a tema e vestite con accessori verdi, che richiamassero i simboli dell’Irlanda, tra cui il trifoglio. Oltre alla parata la città era piena di eventi di ogni genere: musica, danza o giochi per bambini. Io ho partecipato al Quarter festival: organizzato nella grande piazza davanti al Museo Nazionale d’Irlanda, dove si sono svolte attività molto interessanti e divertenti con stand di cibo, giostre e diversi spettacoli, il tutto accompagnato da “fiumi di birra!”.  

Rimanendo in tema di festività quella di San Valentino è stata un giorno speciale, qui a Dublino mi è sembrata una festa molto più sentita e celebrata. Sono rimasta sorpresa dalla quantità di ragazzi, ma anche adulti, in giro per la città con grandi mazzi di rose in mano e anche coppie felici che festeggiavano nei bar e nei ristoranti e le vie piene di banchetti di fiori e decorazioni. 

Aprile, invece, è stato uno dei mesi più belli ed emozionanti: pieno di abbracci, saluti e “sapore di casa”. In questo mese sono infatti venuti a trovarmi i miei genitori e il mio fidanzato, Matteo; ho avuto l’occasione di condurli a conoscere tutta la città, facendo loro da “cicerone” e di presentare la mia famiglia ospitante. Con loro ho provato diversi piatti tipici nei pub più storici, abbiamo visitato la famosa azienda della Guinness e abbiamo camminato all’interno di Phoenix park, uno dei parchi più grandi d’Europa, dove abbiamo ammirato diversi animali, tra cui i cervi e i daini. 

 

In conclusione posso affermare che è stata un’esperienza che mi ha fatto maturare molto e scoprire in me un senso di libertà, tranquillità e autonomia. Sono stati sei mesi pieni di gioia e spensieratezza, che mi hanno dato l’opportunità di conoscere nuove persone meravigliose e di vestire, con la mia uniforme, i panni di una classica studentessa irlandese. Nonostante ciò, non posso negare di aver attraversato anche periodi di difficoltà, tristezza e malinconia, in cui avrei desiderato soltanto ricevere un abbraccio di conforto e una ventata del calore di casa. 

Adesso mi aspetta il rientro, che sarà pieno di emozioni contrastanti: la gioia di riabbracciare la mia famiglia e gli amici, ma anche la nostalgia per le esperienze vissute e le persone incontrate durante la mia avventura irlandese.  

Dublino rimarrà per sempre nel mio cuore. 

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